Disturbi sessuali
Una Disfunzione Sessuale (o disturbo sessuale) è caratterizzata da un’anomalia del processo che sottende il ciclo di risposta sessuale, o da dolore associato al rapporto sessuale. Il ciclo di risposta sessuale normale può essere diviso nelle seguenti fasi (in ognuna delle quali possono intervenire dei disturbi sessuali):
1. Desiderio. Questa fase consiste in fantasie sull’attività sessuale e nel desiderio di praticare attività sessuale.
2. Eccitazione. Questa fase consiste in una sensazione soggettiva di piacere sessuale e nelle concomitanti modificazioni fisiologiche. Le principali modificazioni nel maschio sono la tumescenza del pene e l’erezione. Le principali modificazioni nella donna sono la vasocongestione pelvica, la lubrificazione e la dilatazione della vagina, e la tumescenza dei genitali esterni.
3. Orgasmo. Questa fase consiste in un picco di piacere sessuale, con allentamento della tensione sessuale e contrazioni ritmiche dei muscoli perineali e degli organi riproduttivi. Nel maschio vi è la sensazione di inevitabilità dell’eiaculazione, seguita dall’emissione di sperma. Nella femmina vi sono contrazioni (non sempre percepite soggettivamente come tali) della parete del terzo esterno della vagina.
4. Risoluzione. Questa fase consiste in una sensazione di rilassamento muscolare e di benessere generale. Durante questa fase, i maschi sono fisiologicamente refrattari ad ulteriori erezioni ed orgasmi per un periodo variabile di tempo. Al contrario, le femmine possono essere in grado di rispondere a nuove stimolazioni quasi immediatamente.
I disturbi sessuali possono verificarsi in una o più di queste fasi.
Sia nell’uomo che nella donna i disturbi sessuali della fase del desiderio sono il calo del desiderio o l’avversione sessuale.
Nell’uomo il disturbo sessuale più comune della fase dell’eccitazione è il disturbo dell’erezione (disfunzione erettile o impotenza sessuale), mentre nella donna vi è la mancanza di eccitazione sessuale e di lubrificazione.
Nell’uomo il disturbo sessuale più comune della fase dell’orgasmo è l’eiaculazione precoce, anche se esistono uomini che hanno eiaculazione ritardata, impossibile o non piacevole, mentre nella donna è molto comune l’anorgasmia o frigidità (impossibilità di raggiungere l’orgasmo).
Esistono poi i cosiddetti disturbi sessuali caratterizzati da dolore durante il rapporto, ovvero la dispareunia, sia maschile che femminile, che consiste in un coito doloroso, solitamente dovuto a cause organiche, o il vaginismo, involontaria contrazione della vagina che impedisce la penetrazione.
Un capitolo a parte, inoltre, merita la dipendenza sessuale, che rientra nelle problematiche di controllo degli impulsi.
Rientrano poi fra i disturbi sessuali quelle che un tempo venivano chiamate perversioni sessuali, o deviazioni sessuali, oggigiorno definite parafilie.
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Il calo del desiderio sessuale maschile e femminile, o la sua assenza, sono sintomi dei cosiddetti disturbi del desiderio sessuale: il Disturbo da desiderio sessuale ipoattivo e il disturbo da avversione sessuale.
La caratteristica fondamentale del disturbo da desiderio sessuale ipoattivo è l’insufficienza o l’assenza di fantasie sessuali e del desiderio di attività sessuale. Questo calo del desiderio femminile o maschile può essere globale, e includere tutte le forme di espressione sessuale, oppure può essere situazionale, quando è limitato ad un partner o ad una attività sessuale specifica.
Il basso desiderio sessuale maschile o femminile, però, può anche essere secondario ad altre disfunzioni sessuali, a disturbi mentali (in particolar modo la depressione maggiore, di cui è un vero e proprio sintomo) o può essere indotto da sostanze, alcol o farmaci (in particolare certi psicofarmaci o le pillole anticoncezionali). Occorre quindi innanzitutto una valutazione professionale per valutare se il calo di desiderio nelle donne o negli uomini sia secondario a uno di questi fattori o sintomo di un vero disturbo del desiderio sessuale.
Chi soffre di calo del desiderio sessuale (disturbo del desiderio ipoattivo) ha una scarsa motivazione a ricercare stimoli, non prende l’iniziativa sessuale (non è procettivo) ma è solitamente recettivo, cioè, se stimolato adeguatamente accetta l’offerta sessuale e ne gode adeguatamente o, nel caso peggiore, non prova un grande piacere ma comunque non esperisce emozioni negative in proposito.
Sebbene il numero delle esperienze sessuali sia di solito scarso, la pressione da parte del partner oppure i bisogni non sessuali (per es., di conforto fisico o intimità) possono aumentare la frequenza degli incontri sessuali, nonostante il calo del desiderio sia nell’uomo che nella donna.
Il disturbo da avversione sessuale, invece, è caratterizzato dall’attivo evitamento del contatto sessuale genitale con un partner sessuale. Il soggetto non ha soltanto basso desiderio sessuale, ma riferisce ansia, timore o disgusto quando si trova di fronte ad una opportunità sessuale con un partner.
L’avversione al contatto genitale può essere focalizzata su un particolare aspetto dell’esperienza sessuale (per es. secrezioni genitali, penetrazione vaginale); alcuni soggetti provano, invece, una repulsione generalizzata verso tutti gli stimoli sessuali, inclusi baci e toccamenti.
L’intensità della reazione del soggetto esposto allo stimolo che produce avversione può variare da un’ansia moderata, con mancanza di piacere, ad un’estrema sofferenza psicologica. In questi casi non si tratta di un calo del desiderio sessuale, ma di una completa assenza di desiderio, dal momento che la sola idea della sessualità produce sentimenti avversivi anziché positivi.
A differenza del paziente con desiderio sessuale ipoattivo (basso desiderio), il paziente con avversione sessuale non è né procettivo né recettivo e prova avversione e disgusto, o paura, per tutto ciò che è sessualmente connotato (anche solo in immaginazione).
Le cause immediate dei disturbi del desiderio sessuale sono attribuibili ad un processo di apprendimento disfunzionale. Nel caso del disturbo da desiderio ipoattivo, l’ansia da prestazione (o paura del fallimento) lega i sentimenti e le sensazioni sessuali a precedenti timori di perdite. Quest’ansia si presenta all’inizio della risposta sessuale, quando il soggetto anticipa il pensiero del sesso, da cui si difende sopprimendolo tramite elaborazione dei pensieri antagonisti negativi, con conseguente calo del desiderio sessuale.
L’ansia da prestazione può essere generata da fattori individuali che riguardano uno solo dei due partner (forti convinzioni religiose, una personalità ossessivo-compulsiva, disturbi dell’identità di genere, specifiche fobie sessuali, paura della gravidanza, sindrome del vedovo, preoccupazioni per l’invecchiamento, fattori legati allo stile di vita come stress e affaticamento) oppure da fattori relazionali (mancanza di attrazione verso il partner, scarse abilità sessuali del partner, differenza circa il grado di vicinanza ottimale reciproca, conflitti coniugali, incapacità di fondere i sentimenti di amore con il desiderio sessuale).
Nel caso del disturbo da avversione sessuale l’ansia è legata ad una fobia per il sesso. Essa viene associata, più o meno casualmente, ad aspetti specifici della sessualità e/o del rapporto sessuale. Una volta che la reazione d’ansia si è condizionata a certi stimoli sessuali, la persona tende ad evitare questi ultimi ogni volta che si presentano, allo scopo di non provare l’attivazione ansiosa che viene percepita come soggettivamente spiacevole.
I condizionamenti originari che danno origine a questa associazione possono avere diverse origini: atteggiamenti genitoriali negativi verso il sesso, derivanti da condizionamenti culturali, traumi sessuali (stupro), costanti pressioni subite nel corso di una relazione protrattasi a lungo, confusione circa la propria identità sessuale.
La cura dei disturbi che prevedono calo del desiderio sessuale sia maschile che femminile deve comprendere, soprattutto per quanto riguarda il disturbo del desiderio ipoattivo una fase di terapia cognitiva mirata a ristrutturare le convinzioni disfunzionali riguardo alla sessualità che mantengono il disturbo. Si cerca di motivare il paziente alla risoluzione del problema compiendo una valutazione in termini di costi e benefici e rendendolo consapevole delle emozioni negative che egli associa al sesso.
Si esplorano le cause del calo del desiderio, si fanno apprendere al paziente strategie per fronteggiare l’ansia e infine si cerca di indurre la pulsione con una graduale esposizione a tutti gli stimoli ambientali che inducono sentimenti sessuali. Solo dopo una terapia cognitiva di tal genere i pazienti possono trarre beneficio dalle tradizionali procedure di terapia sessuale, come la focalizzazione sensoriale, che prevedono esercizi di contatto fisico sessuale.
Per il disturbo da avversione sessuale il trattamento di elezione consiste, invece, in una esposizione graduata che porta il soggetto ad affrontare situazioni “sessuali” ansiogene via via sempre più intense e, quindi, in grado di indurre crescenti risposte d’ansia. In ogni caso, occorre esplorare e rielaborare quei fattori di sviluppo o traumatici che possono aver contribuito a creare l’associazione tra sessualità e emozioni negative.
La caratteristica fondamentale del disturbo maschile dell’erezione (impotenza sessuale, detta anche disfunzione erettile) è una persistente o occasionale incapacità di raggiungere l’erezione. Oppure di mantenerla per un tempo sufficiente al rapporto sessuale.
Perché si possa parlare di impotenza o disfunzione erettile, l’anomalia deve causare notevole disagio o difficoltà interpersonali. Non deve essere attribuibile esclusivamente agli effetti fisiologici diretti di una sostanza (farmaci inclusi) o di problemi medici generali.
Ci sono diversi tipi di disfunzione dell’erezione (impotenza sessuale). Alcuni soggetti manifestano l’incapacità di avere l’erezione fin dall’inizio dell’esperienza sessuale.
Altri hanno un’adeguata erezione e poi perdono la tumescenza tentando la penetrazione.
Altri ancora hanno un’erezione sufficientemente valida per la penetrazione, ma perdono la tumescenza prima o durante le successive spinte.
Alcuni uomini che soffrono di disfunzione erettile (impotenza sessuale) possono riuscire ad avere l’erezione solo durante la masturbazione o al risveglio. Anche le erezioni masturbatorie possono venire meno, ma ciò è raro.
Le difficoltà di erezione dell’impotenza sono spesso associate ad ansia sessuale, timore di fallimento, preoccupazioni sulla prestazione sessuale e ad una ridotta sensazione soggettiva di eccitazione sessuale e di piacere.
I problemi di impotenza sessuale o disfunzione erettile possono compromettere le relazioni coniugali o sessuali in atto e possono essere la causa di matrimoni non consumati e di sterilità.
I disturbi dell’erezione sono molto frequenti; si parla di un 10% circa di diffusione nella popolazione generale, che può salire fino ad oltre il 50% con l’aumentare dell’età (70 anni).
Le cause di impotenza sono molteplici e comprendono fattori organici, in particolare problemi vascolari (di circolazione) e neurologici, e fattori psicologici, in particolare l’ansia da prestazione.
E’ importante quindi, prima di tutto, condurre un attento esame medico, allo scopo di appurare la presenza di cause organiche, per poi passare agli aspetti psicologici, che nella stragrande maggioranza dei casi incidono significativamente.
La presenza di erezioni spontanee notturne ed al risveglio, nonché la capacità di raggiungere e mantenere l’erezione durante la masturbazione, comunque, sono prove inequivocabili del fatto che non vi siano cause organiche di disfunzione erettile, ma che il problema sia di natura psicologica e, come tale, vada affrontato con una terapia comportamentale specifica.
In tal caso il problema è di natura psicologica e, come tale, andrà affrontato con una terapia cognitivo-comportamentale specifica.
Il trattamento della disfunzione erettile (impotenza sessuale) richiede un complesso percorso che passa attraverso una fase di accurata valutazione del problema. Ciò allo scopo di escludere le possibili cause mediche, per arrivare al trattamento cognitivo-comportamentale (o mansionale). Questa è l’unica terapia psicologica che ha dimostrato una buona efficacia nella cura di questi disturbi di erezione.
I principali esami medici, per escludere le varie cause organiche possibili di disfunzione erettile, sono:
Nel caso in cui si appurino delle cause organiche, sarà l’urologo o andrologo a valutare l’opportunità di rimedi farmacologici, ormonali o chirurgici per la disfunzione erettile (o impotenza).
Nel caso, invece, in cui il problema sia evidentemente psicologico, come più spesso accade, la soluzione più indicata è un percorso di psicoterapia cognitivo-comportamentale. Durante questa verranno affrontati i fattori principali di mantenimento del problema, quali l’ansia da prestazione, lo stress ed altri circoli viziosi disfunzionali.
Si tratta di una forma di terapia molto diretta al problema, che viene affrontato attraverso specifiche tecniche. Questa però non trascura, ove necessario, l’analisi di aspetti psicologici più profondi, connessi alla struttura di personalità del soggetto, alle sue relazioni, alle sue idee e convinzioni relative alla sessualità, alla sua storia di vita ed al contesto socio-culturale in cui è cresciuto.
La risposta sessuale, sia nelle donne che negli uomini, consiste di due fasi separate: la fase di eccitazione caratterizzata da una reazione vasocongestizia localizzata (dilatazione vascolare degli organi genitali, lubrificazione vaginale, inturgidimento e arrossamento delle pareti vaginali) e la fase orgasmica dovuta ad una reazione involontaria di certi muscoli genitali producendo una forte sensazione di piacere.
La caratteristica fondamentale del disturbo dell’eccitazione femminile è la persistente o ricorrente incapacità di raggiungere, o di mantenere fino al completamento dell’attività sessuale, un’adeguata reazione di eccitazione sessuale con lubrificazione-tumescenza.
Il disturbo di eccitazione femminile può essere primario (la fase di eccitazione non è stata mai sperimentata in nessuna situazione e con nessun partner), secondario (la fase di eccitazione, almeno in una certa misura, è stata sperimentata in passato), generalizzato (l’eccitazione è inibita in tutte le situazioni e con tutti i partner) o situazionale (l’eccitazione è inibita solo in certe situazioni e con certi partner).
Molto spesso chi soffre di un disturbo dell’eccitazione femminile soffre anche di disfunzione orgasmica. Esistono, tuttavia, casi in cui la reazione orgasmica rimane inalterata in seguito alla stimolazione del clitoride o al coito pur in assenza di eccitazione. In questo caso, quindi, si potrà sperimentare l’orgasmo senza una lubrificazione palese.
Le donne che soffrono di difficoltà di eccitazione sono essenzialmente prive di sensazioni sessuali, ricavano ben poco piacere erotico dalla stimolazione e in certi casi non ne ricavano affatto. A livello fisiologico, non mostrano segni di vasocongestione genitale in risposta alla stimolazione sessuale, oppure reagiscono soltanto parzialmente, con una leggera lubrificazione, allo stimolo meccanico del pene nella vagina.
Le donne “non-reattive”, con disturbo dell’eccitazione, oltre a sperimentare un notevole disagio e difficoltà interpersonali, considerano l’esperienza sessuale come un duro compito. Le reazioni emotive vanno da un’angoscia profonda a una accettazione indifferente della loro condizione.
La reazione sessuale femminile dipende dalla funzionalità fisiologica (organi riproduttivi anatomicamente intatti, adeguata vascolarizzazione di questi organi, funzionale regolazione nervosa dei genitali e situazione ormonale normale). Tuttavia essa è poco vulnerabile ai fattori fisici quali malattie e invecchiamento ma, al contrario, è molto influenzata da fattori psicologici.
Questi ultimi comprendono la stimolazione insufficiente, la difficoltà a comunicare i propri bisogni erotici al partner, difficoltà ad abbandonarsi durante il rapporto sessuale facendo, quindi, da “spettatrice” e diventando giudice della propria prestazione sessuale. Queste preoccupazioni mentali rendono impossibile alla donna l’abbandono alle proprie esperienze erotiche e quindi una adeguata eccitazioni sessuale.
Possono intervenire anche fattori psicologici più profondi quali paura, vergogna e colpa dovuti ad una educazione repressiva, conflitti sull’indipendenza della donna, paura degli uomini, paura di perdere il controllo o paura del rifiuto.
Tutti questi elementi innescano reazioni emozionali che impediscono il rilassamento e l’abbandono da cui dipende una buona reazione di eccitazione femminile.
Lo scopo della terapia è, quindi, quello di facilitare l’abbandono della donna alle esperienze sessuali, modificando il sistema in cui è chiamata a funzionare. Il terapeuta cerca di raggiungere questo scopo incoraggiando la ricerca di situazioni inesigenti, rilassate e sensuali che permettano il naturale svolgersi della reazione sessuale durante il rapporto.
La coppia è incoraggiata a comunicare apertamente sentimenti e desideri sessuali di ciascuno: questa comunicazione favorirà la creazione dell’ambiente adatto per l’eccitazione femminile. Inoltre, la prescrizione sistematica di varie esperienze sessuali ed erotiche è altamente efficace per la rimozione di alcuni ostacoli immediati al funzionamento sessuale. Generalmente, durante il trattamento, viene proposta una specifica sequenza di mansioni sessuali: esercizi di focalizzazione sensoriale, esercizi di stimolazione genitale e di coito “inesigente”.
Le principali terapie farmacologiche per il disturbo di eccitazione femminile, talvolta utili in sussidio all’intervento psicologico, sono quelle ormonali a base di estrogeni, che migliorano la lubrificazione e lo spessore delle pareti vaginali, oppure a base di testosterone che dovrebbe aumentare l’eccitabilità.
L’Eiaculazione Precoce è una comune disfunzione sessuale. “Una modalità persistente o ricorrente di eiaculazione che si verifica durante i rapporti sessuali, circa un minuto dopo la penetrazione vaginale e prima che l’individuo lo desideri” (DSM-5, 2014).
Essa deve causare disagio o difficoltà interpersonali e non deve essere dovuta agli effetti diretti di una sostanza/farmaco o condizione medica.
Esistono vari tipi di eiaculazione precoce: permanente (lifelong), acquisita (esordisce dopo un periodo di funzionamento sessuale normale), situazionale (solo con stimolazione, situazione o partner specifici) e generalizzata (si verifica in tutte le situazioni).
Sintomi dell’eiaculazione precoce
L’eiaculazione precoce consiste nel presentarsi, persistente o occasionale, di eiaculazione in seguito a stimolazione sessuale anche minima, prima (“ante portam”), durante o poco dopo la penetrazione e comunque prima di quando il soggetto desidererebbe.
Generalmente l’eiaculazione precoce avviene tra i 60 secondi e i 2 minuti ma può variare da soggetto a soggetto.
Gli uomini con questo disturbo vivono rapporti sessuali veloci e insoddisfacenti compromettendo la qualità della vita. La compromissione spesso si manifesta nella relazione di coppia (etero o omosessuale) generando conflitti, equivoci e malumori che rinforzano e aggravano la sintomatologia stessa.
Per parlare di eiaculazione precoce, l’anomalia deve causare notevole disagio o difficoltà interpersonali ed essa non deve essere dovuta esclusivamente agli effetti diretti di una sostanza.
In genere, la maggior parte dei maschi con eiaculazione precoce possono ritardare l’orgasmo durante la masturbazione per un tempo notevolmente più lungo che durante il coito.
Non esiste un criterio preciso, né sintomi precisi, per definire quand’è che si possa parlare di vera e propria eiaculazione precoce, perché non esiste un tempo stabilito a priori che un uomo dovrebbe “durare”.
Alcuni ricercatori prendono come punto di riferimento, per poter parlare di precocità nell’eiaculazione, il fatto che l’uomo non sia in grado di trattenersi in modo tale che la donna sia soddisfatta in almeno il 50% dei casi.
Anche questo criterio, comunque, è estremamente discutibile, in quanto occorre valutare le capacità orgasmiche della donna.
In ogni caso si può dire che è certamente eiaculatore precoce colui che ha l’eiaculazione dopo una manciata di spinte coitali (5-10) o addirittura prima ancora di introdurre il pene in vagina.
Chi è affetto da eiaculazione precoce lamenta mancanza di controllo della stessa e apprensione per l’incapacità di ritardarla.
Questa disfunzione può portare a bassa autostima, bassa autoefficacia, senso di inadeguatezza, frustrazione, mancanza di assertività e diminuzione del desiderio, piacere/soddisfazione sessuale con ripercussioni nelle relazioni di coppia.
Il disagio è vissuto anche dal partner il quale, inconsapevolmente, ne aggrava il disturbo e soffre lui stesso. Spesso l’eiaculazione rapida viene letta dal partner come mancanza di rispetto e di attenzione o come indice di egoismo.
L’eiaculazione precoce viene osservata maggiormente in uomini giovani e generalmente è presente fin dalle loro prime esperienze sessuali (lifelong). Comunque, alcuni uomini perdono la capacità di ritardare l’orgasmo dopo un periodo di funzionamento adeguato.
La maggior parte dei giovani maschi impara a ritardare l’orgasmo con l’esperienza sessuale e con l’età, ma alcuni continuano ad eiaculare precocemente e possono cercare aiuto per il proprio disturbo.
Alcuni maschi riescono a ritardare l’eiaculazione nell’ambito di una relazione stabile, ma manifestano nuovamente i sintomi dell’eiaculazione precoce quando hanno un nuovo partner.
Quando i sintomi dell’eiaculazione precoce esordiscono dopo un periodo di funzionamento sessuale adeguato, il contesto è spesso quello di una diminuita frequenza di attività sessuale. Oppure di intensa ansia da prestazione con un nuovo partner o di una perdita di controllo sull’eiaculazione legata alla difficoltà nel raggiungere o nel mantenere l’erezione.
Alcuni maschi che interrompono l’assunzione regolare di alcool possono sviluppare l’eiaculazione precoce, dal momento che facevano affidamento, per ritardare l’orgasmo, sull’assunzione di alcolici.
Le cause dell’eiaculazione precoce sono multifattoriali: organiche e psicologiche. Nella stragrande maggioranza dei casi però sono psicologiche.
L’aspetto psicologico è determinante. Ansia sociale, ansia da prestazione, depressione, problemi di coppia, insoddisfazione per l’immagine corporea, assuefazione da masturbazione ed esperienze sessuali negative sono tutti fattori che spesso contribuiscono a generare il disturbo.
Esistono rari casi di precocità eiaculatoria, generalmente transitoria, connessi a cause organiche.
Tra queste vi sono: anomalie anatomiche del frenulo (breve), ipersensibilità del glande, stati infiammatori, uretriti, vescicoliti, prostatiti, sclerosi multipla, tumori midollari, stress o problemi ormonali (ipo-ipertiroidismo, bassa prolattina, alti livelli di leptina).
Tali condizioni, però, sono generalmente evidenti, poiché comportano altri sintomi oltre alle eiaculazioni precoci.
L’assunzione di sostanze può generare il disturbo: droghe, alcool e farmaci possono indurre precocità dell’eiaculazione. In modo particolare l’astinenza da droghe è spesso responsabile dell’eiaculazione precoce acquisita.
In alcuni casi l’interruzione dell’assunzione regolare di alcool può portare all’eiaculazione precoce a seguito dell’incapacità di ritardare l’orgasmo in assenza degli effetti della sostanza.
Molte persone che soffrono di eiaculaizone precoce utilizzano l’alcool come disinibitore, o/e come ansiolitico ma così facendo nel lungo periodo aggravano il problema con effetti dannosi sul controllo eiaculatorio.
L’eiaculazione precoce può essere associata anche a problemi di erezione (disfunzione erettile) e questo può complicare la diagnosi differenziale.
Infine eventuali disfunzioni sessuali femminili nella partner (anorgasmia, desiderio sessuale ipoattivo, avversione sessuale, disturbi dell’eccitazione sessuale e disturbi da dolore sessuale, come il vaginismo o la dispareunia) possono essere correlate alla eiaculazione precoce acquisita.
Spesso chi soffre di eiaculazione precoce non parla per timore e vergogna. Così ricorre a strategie “fai da te” aggravando la sintomatologia senza risolvere il problema.
Alcune tra queste sono:
Tutte queste strategie disfunzionali mantengono e alimentano il problema contribuendo ad accentuare frustrazione, inadeguatezza, scarso controllo eiaculatorio, stress e ansia.
L’eiaculazione precoce è una disfunzione sessuale che non va confusa con l’eiaculazione precoce soggettiva o falsa.
Oggi il mondo del porno ha influenzato i giovani portandoli a false credenze sulla performance sessuale. Una sessualità distorta che porta a giudicare negativamente se stessi in termini di dimensioni e durata.
Il falso eiaculatore precoce ha un’eiaculazione assolutamente normale ma la sua percezione della latenza eiaculatoria è alterata al tal punto da preoccuparlo e sviluppare una sintomatologia emotiva sovrapponibile agli eiaculatori precoci reali.
Il distress emotivo così finisce per influenzare la performance (scarso controllo eiaculatorio), il desiderio sessuale e la qualità della relazione.
Una volta escluse le cause di natura biologica, la cura dell’eiaculazione precoce si concentra sugli aspetti psicogeni, attraverso due forme principali forme d’intervento: la terapia comportamentale e quella psicofarmacologica.
Attualmente non esistono altre forme di cura scientificamente fondate e di comprovata efficacia.
La terapia comportamentale risulta essere la terapia più efficace per questa problematica. Si concentra sugli aspetti psicologici ed è volta ad incrementare la latenza eiaculatoria ed il senso di auto-controllo.
Quest’ultima prevede generalmente la partecipazione di entrambi i membri della coppia e implica una serie di prescrizioni e di esercizi da eseguire insieme al partner.
Si tratta di una strategia di cura focalizzata sul problema dell’eiaculazione precoce, che viene affrontato attraverso specifiche tecniche. Ad esempio lo “stop and start” (ripetuta interruzione del rapporto sessuale in prossimità dell’orgasmo) e lo “squeeze” (blocco eiaculazione tramite compressione esercitata con le dita tra il glande e l’inizio del corpo del pene).
Se necessario l’attenzione sarà rivolta anche all’analisi degli aspetti psicologici più profondi (personalità, relazioni, credenze sessuali, storia di vita e contesto socio-culturale di appartenenza).
La farmacoterapia spesso affianca la psicoterapia e si basa su due classi di farmaci che inducono l’effetto di ritardare l’eiaculazione.
Sono pochissimi i farmaci approvati per la terapia dell’eiaculazione precoce. Il problema è l’efficacia limitata alle ore successive all’assunzione della compressa.
Tra i farmaci approvati troviamo i bloccanti alfa-adrenergici e gli antidepressivi serotoninergici (tra cui la dapoxetina).
In realtà i farmaci in questione non sono specifici per la cura dell’eiaculazione precoce, ma si sfrutta l’effetto collaterale degli stessi per desensibilizzare l’area genitale e posticipare l’orgasmo.
Nella pratica clinica, comunque, è stato sperimentato che per curare le eiaculazioni precoci è sempre utile associare alla terapia farmacologica un percorso di terapia comportamentale, che preveda una graduale riduzione e sospensione del farmaco, non appena il soggetto acquisisce un maggior senso di auto-controllo.
La farmacoterapia non basta da sola a risolvere il problema, deve essere affiancata da un’adeguata psicoterapia (terapia comportamentale).
L’orgasmo femminile è definito, a livello fisiologico, come un riflesso che si genera principalmente dalla stimolazione dei nervi sensoriali localizzati nel clitoride, ma anche tramite impulsi provenienti da altre aree, tra cui l’accesso vaginale e i capezzoli.
Tale riflesso è caratterizzato da contrazioni ritmiche dell’utero, della vagina e dello sfintere rettale, da ipertonia muscolare generalizzata, da contrazioni dei muscoli addominali e dei glutei.
A livello soggettivo le sensazioni solitamente riferite durante l’orgasmo femminile comprendono descrizioni come “raggiungere l’acme”, provare l’accumularsi di una tensione e quindi liberarla, un senso di contrazione nell’area genitale e/o un periodo di elevata eccitazione seguita da un improvviso sollievo e rilassamento. In ogni caso, l’orgasmo femminile è un’esperienza unica e ben riconoscibile.
Le donne che riferiscono di non sapere se hanno mai raggiunto un orgasmo, non l’hanno certamente mai raggiunto e soffrono della cosiddetta anorgasmia. Un tempo tale disfunzione veniva chiamata frigidità, tuttavia tale termine è stato abbandonato perché non scientifico e in un certo senso dispregiativo.
La quantità di stimolazione necessaria per promuovere l’orgasmo femminile varia notevolmente, non solo tra individui diversi, ma nella stessa donna in circostanze diverse (alcune donne riescono a raggiungere l’orgasmo con pochi movimenti coitali, mentre altre hanno bisogno di una lunga stimolazione del clitoride prima di poterlo raggiungere, pur non soffrendo di anorgasmia).
La caratteristica fondamentale del disturbo dell’orgasmo femminile è un persistente o ricorrente ritardo, o assenza, dell’orgasmo (anorgasmia) dopo una fase normale di eccitazione sessuale, dovuta ad un’ inibizione specifica della componente orgasmica della reazione sessuale.
La donna soffre di disfunzione orgasmica primaria se non ha mai sperimentato un orgasmo (anorgasmia primaria); se viceversa il disturbo si è sviluppato dopo un periodo durante il quale la donna raggiungeva l’orgasmo normalmente, la disfunzione orgasmica si dice secondaria (anorgasmia secondaria).
Tale disfunzione può essere assoluta (la donna non è in grado di raggiungere l’orgasmo né coitale né clitorideo in nessuna circostanza) o situazionale (la donna potrà raggiungere un orgasmo, ma solo in circostanze particolari e/o con particolari tipi di stimolazione non coitale).
Chi soffre di disfunzione orgasmica (ex frigidità) ha, generalmente, una normale spinta sessuale, una normale lubrificazione, prova piacere nei preliminari sessuali e la penetrazione è connotata da sensazioni erotiche gradevoli, anche se insufficienti a far scattare il riflesso.
Il vaginismo è una reazione condizionata che probabilmente risulta dall’associazione di dolore e paura ai tentativi di penetrazione vaginale o anche alla sola fantasia di penetrazione.
Lo stimolo negativo originario può essere stato dolore fisico o angoscia psicologica. La condizione dolorosa può in certi casi essere ancora attuale, ma in altri casi essa non è riscontrabile.
Anatomicamente i genitali della donna vaginismica sono normali. Tuttavia, in caso di vaginismo, quando si tenta la penetrazione, l’accesso vaginale si serra talmente che l’atto sessuale è impossibile e persino gli esami vaginali devono essere spesso effettuati sotto anestesia.
Questa condizione è dovuta ad uno spasmo involontario dei muscoli che circondano l’accesso vaginale, che si verifica ogni volta che si cerca di introdurre un oggetto nella vagina. In alcune donne, perfino l’idea di introdurre qualcosa in vagina può causare spasmo muscolare.
Nel vaginismo, la contrazione può variare da una forma lieve, che induce una certa tensione e disagio, fino a forme gravi, che impediscono la penetrazione.
Oltre allo spasmo primario dell’accesso vaginale, le pazienti affette da vaginismo manifestano solitamente anche fobia del coito e della penetrazione vaginale. Questa riluttanza fobica rende i tentativi di coito frustranti e dolorosi.
Spesso la fobia della penetrazione è una reazione secondaria al vaginismo primario, ma talvolta può precederlo ed essere una reazione primaria.
Una donna può soffrire di vaginismo permanente se tale disfunzione è presente fin dall’inizio dell’attività sessuale. Se viceversa il disturbo si è sviluppato dopo un periodo di funzionamento normale, il vaginismo è acquisito.
Inoltre, tale disfunzione può essere situazionale (se si verifica solo con un certo tipo di stimolazione, in certe situazioni e con certi partner) o generalizzata (se si verifica sempre indipendentemente dalla situazione, dal tipo di stimolazione e dal partner).
Molte donne che soffrono di vaginismo sono sessualmente reattive e possono raggiungere l’orgasmo con la stimolazione del clitoride, possono ricavare piacere dai giochi erotici e cercare il contatto sessuale finché tutto ciò non porti al coito.
Tale condizione può avere un effetto psicologico disastroso non solo sulla donna ma anche sul partner. Gli sforzi di penetrazione del partner, oltre a creare alla donna un forte dolore fisico, la possono far sentire spaventata, umiliata e frustrata da questi tentativi.
Inoltre, i ricorrenti insuccessi danno origine a un senso di inadeguatezza conseguente al vaginismo stesso. Per evitare il confronto con queste esperienze dolorose, la coppia finisce spesso evitando qualunque incontro sessuale.
Una qualunque patologia degli organi pelvici che renda contemporaneamente dolorosi la penetrazione o l’atto sessuale, o che abbia in passato causato dolore, può predisporre il campo allo sviluppo della reazione vaginismica.
Tra i fattori fisici più comunemente citati come causa di vaginismo troviamo l’eccessiva rigidezza dell’imene, resti imenali dolorosi, endometriosi, malattie infiammatorie delle pelvi, atrofia senile della vagina, tumori pelvici, ecc.
Ovviamente, se la patologia locale è ancora causa di dolore durante il rapporto sessuale, è necessario cominciare col guarire o migliorare lo stato morboso della paziente se si vuole un buon esito della terapia del vaginismo.
Molto più spesso il vaginismo è dovuto ad una varietà di fattori psicologici e sociali:
In generale, qualunque stimolo negativo associato all’atto sessuale o alla penetrazione vaginale può essere responsabile dell’acquisizione di questa reazione. Ciò a prescindere dal fatto che la contingenza negativa sia reale o immaginaria e che la paziente ne sia o meno consapevole.
I fattori, quindi, possono essere svariati ma la causa immediata è specifica: il vaginismo si verifica quando una contingenza negativa viene associata all’atto della penetrazione vaginale o anche soltanto alla sua immagine mentale.
Infine anche stress, ansia, depressione, bassa autostima e ipercontrollo/difficoltà a rilassarsi costituiscono dei possibili fattori predisponenti il disturbo.
Il trattamento del vaginismo ha come scopo primario la modificazione della causa immediata del disturbo: la reazione condizionata. Il trattamento consiste nel progressivo decondizionamento dello spasmo involontario dei muscoli dell’entrata vaginale.
Tuttavia, prima che questo traguardo possa essere raggiunto, deve essere rimossa la riluttanza fobica alla penetrazione vaginale, attraverso procedure psicoterapeutiche.
In particolare, la procedura di estinzione della risposta condizionata di spasmo può prevedere, seconda la metodologia classica, l’uso di dilatatori di dimensioni crescenti. Questi vengono inseriti in vagina gradualmente, sotto il controllo della paziente, del ginecologo, dalla donna stessa o del partner.
Il termine una volta in uso di “perversione sessuale” o “deviazione sessuale” è stato sostituito col termine scientifico di “parafilia” dal greco “filìa” (attrazione) e “para” (deviazione) e cioè attrazione per un comportamento sessuale anomalo o bizzarro.
Le caratteristiche fondamentali delle perversioni sessuali consistono in ricorrenti e intensi impulsi sessuali e fantasie eccitanti sessualmente che si riferiscono a: 1) oggetti non umani; 2) ricevere e/o infliggere un’autentica sofferenza o umiliazione a se stessi o al proprio partner o 3) bambini o altre persone non consenzienti.
Si parla di parafilia (o perversione sessuale) solo quando i comportamenti tendono ad essere ripetitivi e soprattutto sono quasi esclusivamente l’unica modalità di vivere la sessualità. Questa caratteristica distingue le perversioni sessuali dai comportamenti sessuali anomali o bizzarri, ma liberamente scelti e variati; comportamenti cioè che due partner sessuali decidono di assumere se lo desiderano. Quindi il confine della patologia, nella sessualità, è legato alla esclusività del comportamento parafilico, alla compulsività del comportamento e alla mancanza di consenso da parte dei partner sessuali.
Clinicamente sono riconosciute otto maggiori forme di perversione sessuale:
Tra le numerose perversioni sessuali (parafilie) più rare possiamo ricordare:
Va ricordato che ogni perversione sessuale deve durare per almeno sei mesi, deve manifestarsi come la forma di sessualità esclusiva o prevalente del soggetto e deve causare disagio clinicamente significativo o compromissione dell’area sociale, lavorativa o di altre aree importanti del funzionamento.
Purtroppo, la terapia delle perversioni sessuali (parafilie) è stata scarsamente approfondita, in quanto davvero raramente chi ne soffre decide di recarsi da un terapeuta, a meno che, dopo essere stato colto sul fatto, non vi sia costretto da un parente o dalla legge; ma in ogni caso si tratta di un paziente poco motivato e la sua collaborazione, se arriva in terapia per motivi giudiziari, è puramente finalizzata allo scopo di alleviare la pena. Inoltre, in genere i soggetti affetti da perversioni molto difficilmente scelgono un percorso terapeutico spontaneamente, a volte per vergogna, ma molto più spesso perché sono inconsapevoli del proprio problema.
Prima di procedere a qualsiasi intervento è comunque necessaria una iniziale valutazione diagnostico-differenziale, soprattutto per escludere altre forme psicopatologiche come ritardo mentale, disturbi gravi di personalità (in particolare il disturbo borderline, il disturbo narcisistico ed il disturbo ossessivo-compulsivo) ed altre patologie. Una volta valutato il funzionamento globale del paziente sarà possibile orientare verso la forma di trattamento adatta per ogni specifico caso di perversione sessuale.
L’approccio terapeutico ottimale dovrà quindi essere diverso in funzione del tipo di perversione, del grado di invalidazione della persona e della sua pericolosità sociale. A seconda della gravità del caso potranno essere messe in atto appropriate combinazioni farmacologiche e psicoterapeutiche.
In generale, tale disturbo può trarre miglioramento attraverso un intervento psicoterapeutico mirato di tipo cognitivo-comportamentale. Nel caso, invece, che il soggetto richieda una terapia a causa delle difficoltà nel rapporto con il partner, dovuta ai suoi comportamenti parafilici, una psicoterapia di coppia sembra essere il trattamento più indicato.
La dipendenza sessuale (o dipendenza dal sesso), detta anche ipersessualità, comprende un insieme di condizioni psicopatologiche caratterizzate da pensieri e fantasie sessuali intrusive associate a perdita di controllo sui comportamenti sessuali.
Questo disturbo viene comunemente definito “dipendenza sessuale“, ma anche “ipersessualità”. In inglese “sex addiction” o “sex dependence”.
La dipendenza sessuale rientra nella categoria delle “dipendenze comportamentali“, cioè di comportamenti patologici che coinvolgono oggetti o attività apparentemente innocue. Come il cibo, il gioco d’azzardo, il lavoro, lo shopping e la sessualità.
L’ipersessualità è definita come una dipendenza il cui oggetto è il sesso. E’ caratterizzata da fantasie sessuali ricorrenti, impulsi e comportamenti promiscui non meglio spiegati da sostanze, condizioni mediche o episodi maniacali.
Inoltre l’attività sessuale si presenta come risposta a stati d’animo spiacevoli (es. umore depresso) o come strategia per ridurre lo stress.
Tali comportamenti sessuali infine creano disagio a tal punto da interferire con il funzionamento sociale, lavorativo e/o relazionale.
Il soggetto mette in atto una serie di comportamenti al fine di ridurre la dipendenza sessuale ma non vi riesce, comportando così forti sentimenti di colpa e vergogna a seguito della perdita di controllo sugli stessi.
Così, come per un tossicodipendente, anche nel soggetto che presenta un problema di dipendenza dal sesso si va incontro al fenomeno del craving (intenso desiderio della cosa dalla quale l’individuo dipende), dell’assuefazione e a sintomi di astinenza.
In tal senso, il dipendente sessuale ha bisogno di aumentare i comportamenti sessuali o la loro intensità, al fine di mantenere l’effetto desiderato. Con l’andare del tempo, si manifestano dei veri e propri cambiamenti psicofisiologici (tra tutti un aumento della sintomatologia ansiosa) e lo stesso comportamento di dipendenza sessuale viene attuato per alleviare o evitare tali sintomi di astinenza.
La nozione di dipendenza sessuale (o ipersessualità) a volte è confusa con la normale, positiva, piacevole ed intensa sessualità goduta dalla popolazione normale. Oppure con la semplice alta frequenza di rapporti sessuali. Alcune persone vivono degli eccessi sessuali ma sono in grado di gestirli.
I dipendenti dal sesso hanno invece perso il controllo sulla propria capacità di dire no e di scegliere.
Il loro comportamento sessuale è parte di un ciclo di pensieri, sentimenti ed azioni che non possono più controllare.
Nonostante le gravi conseguenze dei loro atti e che promettano più volte a se stessi e agli altri di smettere, questi soggetti non riescono a interrompere i loro comportamenti autodistruttivi. La dipendenza sessuale ha preso il sopravvento sulla loro capacita di scegliere.
Nell’ipersessualità, il sesso diviene un’esigenza primaria per il quale tutto il resto può venire sacrificato, inclusi la salute, la famiglia, gli amici e il lavoro.
I comportamenti che i dipendenti sessuali possono mettere in atto sono i più svariati e possono includere:
A causa della dipendenza sessuale la persona può riportare conseguenze a vari livelli: fisico, economico, emotivo, cognitivo e sociale.
A livello fisico, la persona può sviluppare disfunzioni sessuali tradizionali (eiaculazione precoce o ritardata, disturbo del desiderio sessuale, ecc.), malattie veneree o problemi come ulcera, pressione alta, vulnerabilità alle malattie, esaurimento nervoso o alterazioni del sonno.
A livello economico, la dipendenza sessuale può comportare spese quali la prostituzione, la pornografia, gli strumenti sessuali, la telefonia erotica, costi legali in seguito a reati a sfondo sessuale o per il divorzio. Per non parlare anche delle perdite in ambito lavorativo.
La dipendenza dal sesso (o ipersessualità) ha un profondo impatto sulla vita emotiva della persona (a seconda dei casi si può sperimentare un incremento dell’ansia, inadeguatezza, colpa, vergogna, depressione e aggressività). Può avere profondi effetti anche sui processi mentali (l’intrusione di pensieri e fantasie non volute possono impedire alla persona di lavorare e concentrarsi su una normale occupazione).
Inoltre, una buona percentuale dei dipendenti sessuali deteriora progressivamente i propri rapporti affettivi e relazionali e presenta gravi problemi di coppia.
Per i soggetti che soffrono di dipendenza sessuale è stata dimostrata l’efficacia di programmi di trattamento integrato che includono la terapia di gruppo, la psicoterapia individuale e quella farmacologica.
Le terapie di gruppo sono utili ad alleviare i sensi di colpa, di segretezza, di stigmatizzazione che sono connessi alle condotte ipersessuali. Inoltre forniscono un mutuo sostegno importante per la motivazione a perseguire le mete terapeutiche.
La psicoterapia ad orientamento cognitivo-comportamentale rimane l’intervento più strutturato e, attualmente, quello in grado di offrire maggiori potenzialità per il trattamento delle dipendenze sessuali.
In particolare si pone come obiettivo la modifica dei pensieri negativi disfunzionali che portano al comportamento di addiction e l’apprendimento di strategie funzionali alla gestione delle emozioni negative elicitanti il comportamento sessuale.
Attualmente anche la terapia dialettico-comportamentale, la mindfulness e la terapia metacognitiva si sono dimostrate essere efficaci per questo tipo di dipendenza.
Il trattamento psicofarmacologico, in alcuni casi, può venire utilmente associato agli interventi psicoterapeutici.